Quando si vive ai margini, in attesa che qualcosa ci ricordi come si fa a stare al centro della vita, anche un sorriso sconosciuto può bastare a ricordarci il movimento del vivere.
A volte può sembrare troppo rumoroso anche il volo di un gabbiano, altre volte persino il frastuono degli aerei lascia indifferente chi è assorto nel proprio silenzio di solitudine.
Forse è questo ciò che vivono tutti quegli uomini e quelle donne a cui la società ha attribuito il nome di “clochard”.
La loro barba lunga e arruffata non lascia dubbi sul tempo passato a dormire sulle panchine, sui marciapiedi, o in case di cartone, fragili tanto quanto le loro anime smarrite in una società che ha poco tempo per comprenderli ed amarli.
Sono uomini questi che non hanno nulla se non il proprio ricordo di sé.
Un sé abbandonato, nostalgico e incapace di urlare la propria esistenza!
Mi capita di incontrare i loro sguardi…colmi di passato e vuoti di presente.
Se sorridono è perché un frammento di passato riaffiora nella loro mente, un passato che li accarezza e gli lenisce il cuore, facendogli dimenticare per un attimo ciò che li ha portati ad essere ciò che sono. I loro occhi sono come fiumi in piena che aspettano solo di potersi gettare in un grande mare che li riporterà a casa.
Sono loro che, più di tutti, pagano le conseguenze di una società indifferente e troppo distante dai cuori delle persone. Una distanza che a loro pesa più di tutto, tanto da farli sentire soli in mezzo alle strade affollate. Sono pieni di ansie e di timori per un mondo che li ha traditi e che non gli concede il “lusso” di esistere e di essere visti.
Possono essere molte le cause che li hanno portati a non avere un tetto ed un focolare, a non avere un luogo dove andare, a non poter fare affidamento su familiari o amici.
Ma vi è un unico motivo che li fa sentire invisibili: l’indifferenza di chi passa e non li vede!
Catia Vela